Attualità

Il dilemma di Israele

La Redazione - 18 Maggio 2022
La tragica uccisione la scorsa settimana della giornalista araba palestinese di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, durante un’operazione militare israeliana a Jenin, mette in luce i dilemmi che Israele deve affrontare.

 

A prima vista, questo fatto sembra molto negativo per Israele: una giornalista palestinese innocente viene uccisa, mentre l’esercito israeliano sta conducendo un’azione militare contro palestinesi apparentemente “innocenti”.
Tuttavia, anche se la giornalista fosse veramente stata colpita da un proiettile israeliano (fatto tutto da verificare), la verità è molto più complessa di quello che potrebbe apparire.

 

Ci sono almeno due domande a cui è necessario rispondere.
In primo luogo infatti dobbiamo domandarci qual è la prova che Abu Akleh sia stata uccisa da un proiettile israeliano e non da proiettili palestinesi? 
In secondo luogo dovremmo rispondere alla domanda del perché l’esercito israeliano (IDF) fosse a Jenin.
Per rispondere a quest’ultima domanda, è necessario conoscere la storia di Jenin, una città prevalentemente araba situata nella parte settentrionale della catena montuosa della Samaria.

 

Quando lo Stato ebraico di Israele fu proclamato nel maggio 1948, anche gli arabi avrebbero potuto anche dichiarare il proprio stato, ma hanno scelto di non farlo, continuando la politica adottata dal 1920 di negare al popolo ebraico il diritto alla loro nazionalità e usando la violenza (uccidendo cioè gli ebrei) per distruggere il Focolare Nazionale Ebraico. Nel 1948/9, gli arabi attaccarono Israele e la Giordania prese il controllo della parte vecchia di Gerusalemme, Giudea e Samaria (che nel 1950 divenne nota come la “Cisgiordania” della Giordania).

 

La Giordania avrebbe potuto creare uno Stato per gli arabi palestinesi, ma non l’ha fatto. Invece, i palestinesi sono stati usati come una pedina politica, lasciati nei campi profughi gestiti da una nuova organizzazione chiamata UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) ed è stata data ai profughi una falsa speranza di “ritorno” alle loro vecchie case. Tra il 1949 e il 1967, questi “campi profughi” palestinesi (termine improprio, perché i palestinesi non erano veramente rifugiati) divennero un focolaio di odio e violenza. Jenin, città del Nord della Samaria, è una delle città dove era stato allestito un enorme campo profughi.

 

Quindi, quando Israele, in una miracolosa guerra difensiva, prese il controllo di Gerusalemme, Giudea e Samaria nel giugno 1967, sarebbe stato un suicidio restituire il controllo di questi territori a coloro che ancora giuravano di eliminare il popolo ebraico. Invece, Israele ha preso la decisione strategica di “occupare” i territori: mantenerli sotto un’amministrazione militare, ma non rivendicare la sovranità su di essi (tranne per “Gerusalemme Est” su cui c’è la sovranità israeliana).
Dal 1967 quindi città come Jenin sono diventate un terreno fertile per i terroristi islamici che si intrufolano in Israele per compiere attacchi terroristici uccidendo ebrei e non ebrei in Israele.

 

Nel frattempo, negli anni ’90 Israele e l’OLP decidono di istituire l’Autorità Palestinese (AP), come primo passo per consentire ai palestinesi arabi di avere autonomia e autogoverno. Nel 1996, Jenin è stata una delle città in cui Israele si è ritirato e il pieno controllo è stato ceduto all’Autorità Palestinese.

 

Questa politica è stata un triste fallimento. L’AP, infatti, è solo il portavoce dell’OLP, che rimane profondamente impegnata nei suoi obiettivi originari: la liberazione della “Palestina” e la distruzione di Israele. Il “Presidente” dell’AP Mahmoud Abbas, anche Presidente dell’OLP, reclama uno Stato palestinese, dichiarando gli ebrei sporchi maiali, negando l’esistenza legittima dello Stato ebraico e pagando ingenti somme di denaro agli arabi palestinesi per uccidere gli ebrei.

 

Cosa dovrebbe fare Israele? Dovrebbe semplicemente “ritirarsi” e consegnare l’intera Giudea e Samaria all’Autorità Palestinese, come è successo a Jenin?
Questo sarebbe un suicidio. Infatti è chiaro che chi ha il controllo delle montagne della Giudea e della Samaria può facilmente distruggere le città e i paesi delle pianure e delle valli.
Israele si trova tra l’incudine e il martello.
Una cosa è certa, è necessario scoprire la verità sulla morte di Shireen Abu Akleh. Se è stata uccisa da un soldato dell’IDF, l’IDF (e Israele) devono affrontarne le conseguenze, proprio come qualsiasi esercito e stato in una situazione di combattimento.

 

Ma il fatto che l’IDF debba sradicare i terroristi in città come Jenin rivela che c’è un problema molto più profondo e che i media, i quali in questi giorni non stanno risparmiando condanne ad Israele, ancora una volta sono faziosi e pieni di ideologie antisemite.